News

STORIE DI BASKET:REGGIOACANESTRO VI PRESENTA TATUM

Intervista al "Pioniere" del basket reggino Nino Labate

Reggioacanestro.it è relativamente giovane. La pallacanestro calabrese ha scritto pagine importanti anno dopo anno stagione dopo stagione.Chi era Nino Labate?


R:Non ci sono dubbi che nel panorama cestistico calabrese di tutti gli anni ’50, la nostra squadra ha raggiunto livelli di eccellenza. E questo va di più rimarcato poiché erano tempi pioneristici di vero e proprio, diciamo così, “volontariato” sportivo. Non avevamo un presidente, un campo da giuoco, tute, magliette, scarpe. Il nostro coach in quegli anni è stato un benemerito e sconosciuto impiegato delle Ferrovie dello Stato innamorato del basket: Bruno Mammì. A lui, ai giocatori del primissimo dopo guerra e al nostro gruppo iniziale, suoi “discepoli”, va riconosciuto il merito di aver aperto la strada alla “Piero Viola” a cui successivamente il nostro compagno Edoardo De Carlo ha conferito con il suo successivo impegno e sino alla tragica fine, “dignità dirigenziale”. Per capire meglio il “clima” eroico della nostra squadra vorrei infatti ricordare che il sabato mattina, giorno precedente delle partite fuori casa, andavamo spesso in giro per negozi del Corso a raccogliere soldi per i biglietti del treno e per qualche francescana colazione! Non è infine secondario il fatto che la squadra prima di approdare nelle mani di Beppe Viola, fratello gemello del mai dimenticato Piero, ha cambiato in quegli anni diverse volte il nome: Libertas, Paolo Vilardi; Amatori Basket, Guf Reggio, Ucsi Reggio. Quello che tuttavia a distanza di tanto tempo ancora mi rattrista, è ricordare che nessun sindaco, nessun consigliere comunale, nessun assessore allo sport, nonostante i nostri buoni risultati e l’eco che la nostra squadra faceva risuonare sulla città, si è mai interessato in quel decennio alle sorti della pallacanestro reggina e di quei pochi giovani entusiasti che la praticavano. Bastava un contributo simbolico messo a bilancio. Un decente campo sportivo che arriverà solo col palazzetto, e neanche con lo”scatolone”, molto ma molto tempo dopo. Invece niente! Ebbene io allora sono convinto che è per tutto questo messo insieme che i risultati da noi raggiunti acquistano un sapore di incredulità. In Calabria in quegli anni c’era solo Catanzaro che aveva un buon quintetto. Per il resto non c’erano confronti. Il basket calabrese è stato storia di Reggio. Questo a mio avviso succedeva anche perché noi eravamo dirimpettai di Messina che, col suo porto pieno di navi militari Usa, e con il CUS dell’Università alle spalle ( ricordo il suo nazionale Tracuzzi) ha viceversa sempre avuto una squadra di buon livello da cui c’era sempre da imparare. Il che non ci ha vietato di vincere qualche volta, come dirò in seguito.
Per quanto riguarda la pallacanestro reggina devo dire la verità: Nino Labate non è stato un pilastro. Se proprio vogliamo individuare qualcuno devo citare prima Piero Ficara, elegante e raffinato giocatore a cui tutti noi guardavamo con ammirazione, e Nino Bagnato che ha rappresentato la transizione e il salto qualitativo fra la nostra squadra autodidatta, benché innovativa, e la pallacanestro reggina degli anni ‘60 e ’70, più atletica e più tecnica. Detto ciò devo però aggiungere che noi praticavamo un vero e proprio gioco di squadra, senza affidarci a qualche risolutore. Eravamo molto amici, Ci incontravamo anche fuori degli allenamenti e delle partite. Sicuramente la chiave dei nostri successi è stata il grande affiatamento e il grande rispetto reciproco. Per quanto mi riguarda, posso solo dire che io praticavo, questo sì, un gioco creativo e spesso improvvisavo passaggi e soluzioni senza averle mai studiate e comunicate ai miei compagni. Questi lo sapevano bene ed erano sempre all’erta. Qualche volta rimproverandomi o scherzando sulle mie singolarità che comunque portavano sempre al canestro. Come quando - è rimasto storico - mi trovavo da solo a metà campo con le spalle rivolte al canestro avversario e ho ricevuto un passaggio non ricordo più da chi; ebbene convinto di avere dietro di me un avversario ho fatto una finta per andare a destra e sono poi andato a sinistra realizzando 2 punti! Dietro di me non c’era nessuno! Ma da quel giorno “…la finta al canestro” non me la sono più tolta d’addosso!

In tanti, specialmente i più giovani, si domanderanno il perchè del soprannome "Tatum"?


Eravamo tutti studenti. Anzi tutti provenivamo dai benemeriti Campionati studenteschi cittadini di pallacanestro ( coppa “Quintino Campolo”)che per la passione di alcuni professori di educazione fisica ( i fratelli Campagna in primis ) si tenevano a Reggio Calabria. Da questi tornei venivamo selezionati e immessi nella squadra locale. Noi iniziavamo ad allenarci verso il 20 di Agosto dopo una estate passata al mare: i campionati di “C” e di “B” a cui partecipavamo, partivano quasi ogni anno verso ottobre. Il nostro “campo” di allenamento, chiamiamolo così, era stretto e chiuso, incastrato com’era all’interno della ex Federazione di viale Amendola. Prima di trasferirci alla scuola De Amicis, ,le partite si facevano invece sulla grande piazza del Popolo. E, pensi un poco, dal momento che eravamo senza attrezzature e strutture, le nostre docce erano al Lido di Reggio, dove una volta finito l’allenamento scendevamo tutti in gruppo per rinfrescarci e lavarci. Va da sé che chi più chi meno eravamo tutti abbronzati. Io, nato con carnagione scura, lo ero forse più di tutti. Mi ricordo che quel giorno durante gli allenamenti indossavo calzettoni a righe orizzontali di diverso colore, ginocchiere di pelle marrone, un paio di pantaloni di raso rosso comprati a Messina al mercato dell’usato americano e scarpette nere d’ordinanza. La maglietta era azzurra. Ero insomma vestito in modo variopinto quasi come i giocatori degli Harlem Globetrotters, che come è noto era un team di fantasisti neri di livello mondiale. Ebbene ad un certo punto mi sono improvvisato un palleggio bassissimo, veloce e raso terra. L’ho fatto più per scherzare che per convinzione. Abbronzato com’ero, sudato, quando ho finito ”l’esibizione goliardica”, durata 20- 30 secondi, ricordo ancora di aver sentito la voce di Piero Ficara gridare :”… oh… mi somigli a Tatum!!!”. Per i più giovani come dice lei, devo ricordare che Tatum non era il famoso pianista Jazz, ma un noto palleggiatore degli “Harlem”. Fra me e Tatum c’era, evidentemente, una differenza abissale, ma da quel momento e immeritatamente il soprannome mi è rimasto appiccicato. E io immedesimandomi nel ruolo cercavo di onorarlo senza mai riuscirci.

Che pallacanestro era? Che aria si respirava? Cosa vi spingeva a giocare a questo sport?


E’ una gran bella domanda questa. Specie la terza. Anche perché mi permette di addentrarmi in un argomento delicato, ma a mio avviso centrale per capire quello che facevamo e perché lo facevamo. Ma andiamo con ordine.
La nostra era una pallacanestro che rispetto ai moduli fascisti - vorrei ricordare che nel bene e nel male oltre all’atletica leggera, è stato il fascismo a portare nel 1935 la pallacanestro a Reggio Calabria - dicevo che rispetto a questi moduli ereditati e consegnatici da quei pochi giocatori che hanno vissuto la transizione tra la dittatura e la democrazia, la nostra è stata una pallacanestro completamente innovativa. Dai “veterani” noi non abbiamo dunque ereditato, né potevamo, niente. Seguivamo le lezioni e i suggerimenti di Bruno Mammì che aveva fatto dei corsi di formazione con Van Zandt, istruttore americano chiamato in Italia per preparare allenatori. E, pensi un poco, per capirne di più assistevamo a proiezioni di documentari cinematografici ad uso didattico che distribuiva la Fip. La conoscenza dei “fondamentali” era comunque il dato nuovo dei nostri tempi: senza di questi non si andava avanti. Comparivano inoltre i primi rudimentali “schemi” di gioco. Le stesse trame si velocizzavano e i tiri piazzati erano eccezioni. Si continuava a praticare la difesa a “zona”, ma non si disdegnava quella a “uomo”. Insomma e con tutti i limiti della nostra buona volontà, rispetto a quella dell’anteguerra e del primo dopoguerra la nostra è stata una pallacanestro totalmente nuova che abbiamo a nostra volta consegnato ai giovani che sono venuti dopo di noi, molti dei quali hanno giocato nella Viola.
L’aria che si respirava la posso invece riassumere in due telegrammi
Il nostro è uno sport di élite. E di studenti. Lo è sempre stato sin dai “College” universitari statunitensi e lo è anche ai nostri giorni. Il rapporto stretto tra pratica sportiva e trasformazioni sociali è un rapporto che andrebbe analizzato bene poiché ogni sport è figlio dell’ambiente e della cultura sociale circostanti. Non per caso il basket è nato in un collegio luterano americano. Era dunque un gioco che a Reggio veniva seguito da un pubblico ristretto ma raffinato, diciamo così, che amava l’eleganza, la correttezza, la pulizia e il rispetto rigoroso delle regole. Nonostante ciò siamo riusciti a creare il primo nucleo di tifosi che poi si ritroveranno, anche con i loro figli e nipoti, nel basket reggino più maturo. Pensi che durante qualche nostro incontro le cronache dell’epoca riferiscono che in piazza del Popolo erano presenti 500 persone distribuite ai bordi del campo e dei tubi innocenti che lo delimitavano, in tre o quattro file.
La domanda interessante riguarda il cosa ci spingeva a praticare questo sport. Ebbene io credo di non sbagliare dicendo che il nostro gruppo era figlio dei cambiamenti culturali che anche Reggio iniziava ad avvertire negli anni ’50. Reggio cominciava a lasciarsi alle spalle le ristrettezze economiche della guerra e del dopoguerra e si apriva alla speranza per il suo futuro. Ai primi consumi di massa. Noi, tutti studenti eravamo desiderosi di mobilità sociale e disponibili ad incarnare la società “americana”, che avevamo a modello attraverso la sua cinematografia, la sua musica Jazz, la sua voglia di rinascita e di democrazia, attraverso nuovi rapporti sociali che rompevano l’isolamento e la “paura” delle chiuse famiglie reggine della tradizione. Lei pensi soltanto, per esempio, che i gruppi giovanili di S. Caterina e quelli di Sbarre erano entità spesso incomunicabili. Si incontravano raramente. Non parliamo delle donne e delle ragazze. Quando si sono incontrati si sono incontrati nelle scuole di Reggio che nell’ambito di uno sviluppo impensabile dell’istruzione pubblica, hanno permesso una nuova socializzazione della città. Ebbene tutto ciò il nostro gruppo lo declinava nella pallacanestro, per definizione sport di studenti. E tutto questo con un salto che rompeva con la tradizione degli sport popolari che andavano per la maggiore in quegli anni: calcio e ciclismo innanzitutto. Insomma eravamo forse consapevoli di appartenere ad una “nuova generazione sportiva”, anche se marginale, ma portatori nella Reggio sonnacchiosa e distratta di quegli anni una ventata di modernità. Ed eravamo figli dei cambiamenti.

E adesso, chi è Nino Labate?
Un pensionato della Rai, dove, pensi un poco, al Tg1 ho incontrato come mio direttore Nuccio Fava, ai nostri tempi buon giocatore della Cestistica Messina contro cui ho giocato diverse volte e che quindi conoscevo. Alla Rai ho lavorato per circa quarant’anni cambiando ruoli e funzioni diverse volte, ma sempre divertendomi molto. Se mi permette ed evitando la nostalgia, devo dire che la Rai di oggi non la riconosco più.

Il ricordo più bello di quei giorni?
Beh, sono tutti ricordi goliardici che spesso, specie se osservati con gli occhi maturi e adulti, nascondevano qualche momento pesante e inopportuno. Per esempio e tenendo presente che il film “Amici miei” doveva ancora uscire, ricordo chiarissimamente che quando dopo la partita mattutina partiva il treno pomeridiano per il rientro a Reggio, stavamo quasi tutti affacciati ai finestrini, facendo i distratti ma tenendo in mano fuori dal finestrino, bottiglie vuote di birra, gassose, e acqua minerale. Erano tutte bottigliette di vetro perché la plastica doveva ancora arrivare… Ebbene a treno in movimento e con le persone ancora ferme sul marciapiede della stazione che avevano saluto i partenti, noi abbandonavamo queste bottigliette con disinvoltura, facendole rompere ai loro piedi ma provocando paura e imprecazioni. Altre volte due di noi facevano finta di litigare nei corridoi del vagone o in qualche locale della nave traghetto frequentato, cercando di mettere in mezzo qualche giovane passeggero sconosciuto a cui invece venivano indirizzati manate e spintoni e a cui veniva dopo chiesto scusa da qualche complice nostro compagno che metteva pace e ci divideva. Un anno siamo andati a giocare a Giarre e siccome dovevamo pagare il conto dell’anno precedente al Ristorante, ci siamo defilati dal paese di gran fretta mangiando dei panini. Eh insomma…bei ricordi che non si possono dimenticare. Dal punto di vista sportivo devo invece ricordare la sudata e nervosa vittoria in casa contro la Cestistica Messina del 3 febbraio ’57 ( 45-38: con 11 punti miei) , che come ho prima detto era la più forte squadra siciliana, e che in quell’anno registrava la presenza del nostro Piero Ficara trasferitosi. dopo richiesta nominativa, a Messina con un contratto di lavoro in quei tempi futuribile. Di quella vittoria conservo ancora la Gazzetta del Sud e la Tribuna del Mezzogiorno.
Infine l’amicizia. Non è l’amarcord e “il tempo perduto” che mi spingono a dire che i rapporti di amicizia dei nostri venti anni, sono fra noi durati per tutta la vita. Senza mai un screzio o un litigio o incomprensione che sia. Inoltre non posso dimenticare la spensieratezza nella semplicità dei rapporti, la partecipazione ai matrimoni che intanto andavamo facendo, il trasferimento ai figli di un pezzo della nostra modesta e singolare storia sportiva, sicuramente irripetibile nella sua fraterna solidarietà.


Intervista di Giovanni Mafrici

Reggioacanestro.it

 

Condividi

 

Reggioacanestro.it - 2001/2010 Tutta la Calabria del Basket in un click.Portale Web creato, sviluppato e coordinato da Giovanni Mafrici. Direttore Responsabile: Mario Vetere. Testata Giornalistica autorizzata e registrata presso il Tribunale di Reggio Calabria, aut. N° 2/06 R.Stampa del 17 Gennaio 2006. Informazioni e Contatti e rettifiche info@reggioacanestro.it
LE NOTIZIE DAL BASKET CALABRESE

 

I Campionati Maschili
Marcatori B2Calendario B2 Marcatori C DilCalendario C Dil Marcatori C RegCalendario C Reg
Marcatori D Gir ACalendario Serie D Gir A Marcatori D Gir BCalendario Serie D Gir B Calendario Serie D Gir B
I Campionati Femminili
Calendario B2 Calendario B D'Eccellenza Marcatori C RegCalendario C Reg
Class. Marcatori Calendario